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"È Stata la Mano di Dio": il film più vero di Sorrentino


È Stata la Mano di Dio di Sorrentino è un film di svolta. È da questo momento in poi che la protagonista principale dei film del celebre regista napoletano sarà la vita, vera, ricca di fragilità e speranze.


Un film completamente nuovo


Prodotto da Fremantle e distribuito da Netflix, vincitore in occasione della 78a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia del Leone d’argento – Gran Premio della Giuria a Paolo Sorrentino e del Premio Marcello Mastroianni a Filippo Scotti, ed entrato ora nella shortlist dei semifinalisti per l’Oscar al miglior film straniero, il nuovissimo film scritto e diretto da Paolo Sorrentino è un successo di incassi e un film rivoluzione.


Estremamente diverso da tutti i suoi film precedenti, È Stata la Mano di Dio ripercorre il passaggio dall’adolescenza all’età adulta di Sorrentino, nascosto nel film dietro al nome fittizio di Fabietto Schisa, in una Napoli meravigliosa nella sua bellezza e contrarietà mostrata dalla splendida fotografia di questa pellicola senza precedenti.



Il tema universale e il simbolismo della realtà


Prima differenza dagli altri film è la forza del tema universale: l’abbandono e il difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta, che si conclude con la scelta del proprio cammino di vita.


Infatti la pellicola, ambientata nella Napoli degli anni ’80, racconta la vita di Fabietto, la cui adolescenza spensierata è distrutta da un tragico evento: la morte dei genitori nella casa in montagna a causa di una fuga di monossido di carbonio. Da qui inizia il percorso di Fabietto, quel percorso che a chiunque è capitato almeno una volta nella vita: quello di ricostruirsi dopo un addio e di ritrovare sé stessi.


La narrazione, come in tutti i film di Sorrentino, è ricca di scene simboliche, ma qui il simbolismo è più sottile, quasi invisibile, perché è creato attraverso il recupero di frammenti del reale.


C’è il motivo ricorrente del mare, simbolo di vita e di felicità, che compare nelle scene iniziali quando Fabietto è ancora gioioso accanto ai suoi genitori e scopre la bellezza per la zia Patrizia di cui si innamora, nelle scene in cui scopre la vera amicizia con un ingenuo contrabbandiere e nelle scene finali quando nel dialogo con il grande regista Antonio Capuano sceglie la sua vocazione per il cinema e decide di impegnarsi per fare successo come regista, iniziando una nuova vita.


Ci sono inoltre varie scene simboliche che segnano la graduale scoperta da parte di Fabietto della sfera sessuale: la scena dell’incontro di zia Patrizia con San Gennaro e il Munaciello, che simboleggia la sua tendenza a prostituirsi, causato dalla pazzia per il dolore di non poter avere un figlio; la scena della danzatrice di hula hoop simbolo della masturbazione; la scena in cui la Baronessa Focale, sua anziana e ricca vicina di casa, chiede a Fabietto di far uscire un pipistrello dalla stanza, simbolo del fantasma del passato rinchiuso nella sua vita, che precede la scena in cui la baronessa lo inizia alla sessualità, segnando dunque la fine a livello fisico dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, aprendo lo sguardo di Fabietto verso il futuro.


Altre scena simbolica e toccante è l‘ultimo incontro tra Fabietto e la zia Patrizia, rinchiusa in un centro psichiatrico, in cui quest’ultima dà a Fabietto la pila rubata dalla zia all’inizio di un film che serviva a un personaggio delle scene iniziali per far funzionare uno strumento che gli serviva per parlare, il che significa che da quel momento in poi Fabietto ha la sua voce per iniziare a parlare con la sua arte.


Sorrentino messo a nudo


Ma la novità assoluta di È Stata la Mano di Dio, quello che lo rende il film di svolta nella carriera di Sorrentino, è la ricerca della realtà, del vero.


Mentre i film precedenti di Sorrentino sono caratterizzati da uno stile barocco e da una rappresentazione surrealistica della società e del mondo, qui Sorrentino si mette a nudo, mostrando la sua vita.


I genitori interpretati dal grandissimo Toni Servillo e da Teresa Saponangelo, legati da un amore dolcissimo e fatto di piccoli e ripetuti gesti quotidiani, come il fischiettio per dirsi nel loro strano linguaggio da innamorati “ti amo”, e spezzati così giovani dalla morte.


La Napoli rappresentata con i suoni dei suoi anni ’80, con il ronzare dei motorini, il rumore

delle onde del mare e dei suoi abitanti in festa per l’arrivo di Maradona, e con i suoi scorci, quelli noti e mozzafiato e quelli più inusuali dei quartieri delle case popolari dove Sorrentino abitava.


La zia Patrizia, interpretata con profonda sensibilità e forza da Luisa Ranieri, che compare senza nessun velo sulla barca osservata da tutti in un nudo monumentale e poetico, zia che è stata effettivamente la sua musa artistica, come si nota nella ricerca del regista di portare quell’erotismo tutto napoletano, senza timore, allo scoperto, in tutti i suoi film.


Il toccante dialogo, con il regista Capuano, che fu veramente il suo grande maestro, grazie al quale decide finalmente e una volta per tutte la sua strada.


Come ha dichiarato Sorrentino stesso in un’intervista:

Nel cinema si può rappresentare il verosimile o il vero e ora ho scelto il vero.

Quel vero amaro, caleidoscopio che intreccia in giochi di colore gioia, dolore, morte, vita e crescita, che non può che toccare l’anima con la sua meravigliosa, fragile bellezza.


L'articolo è visibile nella pagina ufficiale del Superuovo al seguente link :



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