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"Il Giovane" intervista Arianna Galli

Writer: Arianna Galli Arianna Galli

"Il Giovane", testata ufficiale del "Movimento giovani", intervista Arianna Galli su vari temi, dalla poesia a un'idea generale sul linguaggio contemporaneo e sulla società . Qui sotto l'intervista a cura di Alexander Cerato, dal titolo "Arianna Galli, la giovane poetessa è già sul "Corriere della Sera"


Arianna Galli, classe 2002 è una poetessa nata a Brescia ma cresciuta a Milano. Quest’anno ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie: ‘Non c’erano fiori‘ (2021, Giuliano Ladolfi Editore, qui acquistabile). Dalla redazione de ‘Il Giovane‘ abbiamo deciso di intervistarla poiché, sin da subito, ci ha colpito il suo entusiasmo, non solo per la letteratura o la poesia ma per la vita in sè che questa giovane ragazza sprigiona. Abbiamo incontrato Arianna in un’accogliente caffè di Milano qualche giorno fa e ci è subito parsa poliedrica, profonda e decisa. Nonostante l’età precoce, l’esperienza di certo non le manca, giusto per intenderci ha avuto il privilegio di vedere alcune sue poesie pubblicate sul quotidiano ‘la Repubblica‘ e, di recente, la raccolta oggetto di questa intervista è stata menzionata nel ‘Corriere della Sera‘. Con lei non abbiamo parlato soltanto di poesia ma anche di attualità, cultura ed istruzione.


poeṡìa s. f. [dal lat. pŏēsis, che è dal gr. ποίησις, der. di ποιέω «fare, produrre»

Ciao Arianna, rompiamo il ghiaccio: libro e poesia preferiti!


Semplicissimo, libro preferito: ‘L’insostenibile leggerezza dell’essere’ di Milan Kundera; poesia invece: ‘Forse al mattino andando in un’aria di vetro’, Eugenio Montale.


Adesso però parliamo della tua raccolta, raccontaci di ‘Non c’erano fiori’!


Non c’erano fiori‘ è la storia di Irene, una ragazza giovanissima che attraverso un percorso molto traumatico deve diventare donna. La storia della protagonista è ordinata narrativamente con una profonda ricerca musicale e di immagini. Le poesie sono infatti permeate da un profondo simbolismo che gradualmente riporta il lettore, nel corso della lettura, alla realtà concreta. La storia di Irene nasce da un lutto che ho sofferto personalmente, la precoce morte di un ragazzo che ho amato. Questa persona appare fra i versi di ‘Non c’erano fiori’ prima tramite un sogno, poi in volo ed, infine, scomparendo; portandosi via una parte di me e lasciandone un altra: una consapevolezza, una crescita insomma. Potrei quasi dire che l’Irene che resta, alla fine della raccolta, coincide con l’inizio del mio personale processo di maturazione. Ciò che avviene al termine di ‘Commiato‘ (ndr: ultima poesia del libro) è un’accettazione del dolore, la scoperta di sè. Nonostante la sofferenza, Irene non è più perduta nell’astrazione ma trova finalmente la realtà, la vita o meglio, l’inizio di essa. Perché prima non c’erano fiori, ora rimane il ricordo della persona amata e quello che le ha insegnato in vita, è il fiore che porterà per sempre nel suo cuore. La rosa rossa simboleggia la perdita dell’innocenza lasciata sul corpo della donna nell’ultimo verso della raccolta.


Dove ci siamo addormentati non c’erano fiori: la terra era arida, l’aria soffocava.

Eravamo in una Milano in frantumi e ancora non lo sapevamo. Abbiamo camminato tra le fiamme e la luna, languida, ci ha fermato: Il suo pallore sapeva d’acqua gelida e ci ha reso sazi.

E là ci siamo uniti, là ci siamo addormentati: in un deserto d’aria.

Poi tu te ne sei andato lasciandomi sul corpo una rosa rossa. L’abbandono è il primo passo verso il futuro.

Arianna Galli, Non c’erano fiori (Ladolfi, 2022)


Che cos’è per te l’arte?

Credo di essere appassionata di qualsiasi cosa che sia definibile arte: scrivere, dipingere, recitare, cantare. Per me, ‘arte’ significa ‘ciò che rende umani’ ed è un tentativo di far respirare la vita cercando di dare ad essa un significato. L’arte, insomma, parte dal reale per andare in alto, in altissimo, per far nuovamente ritorno alla realtà.


È difficile, al giorno d’oggi, per un giovane pubblicare?

Assolutamente sì, in Italia a mio parere ci sono due grandi problemi;

  • Il primo è la scuola, il programma ministeriale si ferma a Montale e/o Ungaretti facendo pensare ai nostri ragazzi che le poesie possano essere soltanto parole spezzettate e sparse qua e là. Bisogna comprendere che, invece, esistono autori che danno grande rilievo anche alla musica, ai suoni. I docenti, poi, tendono a privilegiare la parafrasi contro un’analisi retorica, musicale o di significato. Prendiamo Ungaretti per esempio: l’aspetto musicale è fondamentale e questo quasi mai viene insegnato.

  • In secondo luogo, l’altro grande scoglio (ma anche vantaggio) è la rivoluzione digitale; grazie ad essa è veramente facile raggiungere le case editrici. Questo fa in modo che moltissimi aspiranti scrittori possano inviare (letteralmente) migliaia di elaborati facendo trovare i critici davanti ad una mole così alta di materiale, costringendoli a fare una selezione. Questo meccanismo poco regolato impedisce di far spazio a scrittori esordienti meritevoli in quanto non ricevono una lettura attenta e sufficientemente interessata.

Come può definirsi un ‘bravo’ poeta?

Un poeta bravo è colui che partendo dalla realtà, dalla vita, vuole offrire un significato profondo, un senso. Ci tengo a ripetere sempre che raggruppare dei pensieri non significa scrivere un’opera. Un’opera che possa definirsi tale dev’essere organica, ben strutturata. Non voglio però perdermi in facili critiche, io per esempio uso il verso libero ma ho studiato la metrica. In breve, dietro ogni cosa dev’esserci uno studio completo ed esauriente. Se poi alcuni strumenti si decide di non utilizzarli (banalmente, le rime per esempio) va bene, ma bisogna almeno conoscerli. Personalmente sento che quest’epoca sia segnata da molti esordienti che, in realtà, non sono dei veri poeti, sono più ‘scrittori per hobby‘. Il vero poeta è invece colui che plasma la sua essenza nello scrivere, la scrittura dev’essere la priorità e lo scopo della sua vita. Io, senza la poesia, sento di non avere un’identità.

La verità va oltre l’umano, sa di umano e si forma nel tempo. Non esiste verità fissa, essa si costruisce man mano Arianna Galli


Pensi ci sia sempre meno interesse verso la letteratura da parte dei giovani di oggi?

Qui mi permetto di dissentire, secondo me è il contrario. È facile notare che sui social ci sono tantissime pagine di poesia. Proprio per questo motivo gli editori si ritrovano poi sommersi di bozze. Il problema, ripeto, è scolastico. Il nostro sistema è, purtroppo, arretrato. Si parla troppo poco del ‘900, a questo secolo il programma ministeriale dovrebbe al contrario dedicare tutto l’ultimo anno del liceo. Questo sarebbe possibile evitando di studiare integralmente le biografie degli autori, ma piuttosto di concentrarsi sui testi stessi. In fondo, sono proprio gli scritti il luogo da cui partire per comprendere davvero chi abbiamo di fronte. Piuttosto che domandare ad un alunno di parafrasare la poesia bisognerebbe chiedergli: ‘che cosa ti ha trasmesso?’. L’esercizio mnemonico è un po’ la sciagura del nostro sistema scolastico quando lo si compara al resto dell’Europa, senza aggiungere che l’Italia è uno dei peggiori paesi europei per analfabetismo di comprensione del testo. Molti fra i nostri coetanei se leggono un quotidiano non riescono a comprenderne a pieno il significato contenuto.


Secondo te si può parlare, oggi, di un nichilismo dilagante?

Sicuramente. Oggi viviamo nel dramma dell’incomunicabilità e nella tendenza da parte degli individui ad imporre i propri valori personali su tutti, senza ascoltare l’altro. Questa dinamica è estremamente pericolosa perché nel mondo contemporaneo (in cui l’unico punto di riferimento rimane il sé) ci si dimentica l’importante distinzione tra opinione e pensiero. Il distinguo intercorre fra ciò che viene da dire d’impeto su un determinato argomento e ciò che, invece, è un pensiero originato dal dialogo fondato sulla conoscenza dell’argomento e la propria interpretazione di esso. Questo andamento è evidente sui social network, nei quali persone che non hanno alcuna preparazione in merito si spingono a pontificare su argomenti di rilevante importanza (politica, salute, ecc..). Insomma, la tendenza negativa di questa società narcisistica è la perdita di unacollettività’. in Italia non esistono più movimenti letterari, la politica è purtroppo spesso una politica di carattere personale imperniata sull’esibizionismo e la ricerca di attenzione mediatica. Anche ad un livello più ampio è evidente che l’Unione Europea è congiunta economicamente ma poco unita politicamente; mancherebbe, ad esempio, un unico ministro della Difesa, un unico ministro degli Esteri, un unico ministro dell’Energia. Questa mancanza di collettività e la conseguente frammentazione impediscono il nascere di una voce unica e forte, davvero in grado di cambiare qualcosa.


L'articolo originale è visibile sul sito ufficiale di "Movimento giovani" al seguente link:




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