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Obbedienza alla vita

articolo di Arianna Galli per la rivista culturale cartacea Studi Cattolici, numero 724 del Giugno 2021


La casa che abiti non ti appartiene più; cade polvere dai muri e dagli occhi sulle favole raccontate ai bambini; eppure sei il solo che ritorna per riannodare ogni filo […] è stato qui che hai detto che i confini sono linee scure disegnate solo sulle carte.

È con questi versi che inizia la nuova raccolta, o meglio, il poema in frammenti di Laura Corraducci, insegnante di Inglese e intensa poetessa: Il passo dell’obbedienza, edizione Moretti&Vitali.


Comincia introducendo il concetto di confine, di limite umano, che però forse veramente non esiste, che l’amore può superare, oltrepassare.


La sua anima, i suoi pensieri dialogano poi con il mondo esterno, che nella sua parola si trasforma, come in metamorfosi, in sentieri segreti, in cui cogliere, solo camminandoci attraverso, la bellezza e la verità delle cose.


Così nella seconda sezione del suo libro, le vele delle barche nel mare all’ora del tramonto diventano prima triangoli di sole ferito dall’acqua e poi le ali della poetessa stessa, che respira la libertà nelle sue visioni e riesce a seguire la danza delle dita con i pesci, le isole segnate e mai vedute.

Nella sezione England, My England, la sua amata Inghilterra appare, tratteggiata come labirinti di verde e campi d’erica a cui si intrecciano le sue riflessioni, le sue domande, le

sue incertezze, i suoi abbandoni.


Poi la perdita, la pazzia malata, la morte.


Dipinge le vicende di martiri dell’olocausto, come Tadeusz Pankiewicz, farmacista polacco del Ghetto di Cracovia, che scelse di rimanere nel ghetto ad aiutare le persone che amava fino alla fine, rischiando la propria vita per gli altri durante le atroci fasi di deportazione e rastrellamento; come Etty Hillesum, scrittrice olandese ebrea che, nonostante potesse salvarsi, perché lavorava come dattilografa presso una sezione del Consiglio ebraico, forte delle sue convinzioni umane e religiose, decise di condividere la sorte del suo popolo e muore ad Auschwitz.


Dipinge la storia di Giovanna la pazza, regina spagnola considerata folle per il suo amore tormentato e senza fine per il marito; la storia di Simona Atzori, definita dalla poetessa come «una Venere senza braccia», che, nata senza arti superiori, non smette mai di meravigliare con la bellezza della sua danza, danza che interseca il suo corpo alla sua anima, al suo respiro; la storia di una ragazza morta prematuramente per una malattia terminale, che fino alla fine non smette mai di leggere libri per sentirsi viva, sebbene destinata a morire; la storia di Maria di Nazaret, che accoglie nel suo grembo una nuova vita che presto morirà in croce.


Ma narra anche il dolore della separazione dalla persona da lei amata:


Da quella città volli prendere una lampada e accesi un amore in terra straniera che arroventasse il freddo e la paura; [...] perché tu sia sempre il passo che mi precede, la linea di confine che ho voluto attraversare
Si sbianca il sonno, scivola sui baci lungo il collo e accarezza la schiena col silenzio;
Si alza il sipario ai lati della scena: lui esita e non guarda oltre le file, lei sorride: le partenze hanno i colori degli arrivi, dipinti alla sinistra dello specchio

Il passo dell’obbedienza è il coraggio di sopravvivere alla perdita, è l’obbedienza alla morte, è l’obbedienza alla vita, al continuare a vivere nonostante le ferite, una perla nata dal mollusco che la costruisce dopo essere stato ferito.

Ed è così che le parole, da lucidare una ad una, con un panno e la mano che trema, diventano un atto di speranza, un passo oltre il confine che separa un canto rotto da un canto del cuore, nonostante qualcuna scivoli per terra e si frantumi per quanto la si provi a ricomporre.


il numero cartaceo in cui è contenuto l'articolo è acquistabile al seguente link:



sc724-numero di giugno
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