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Universo Umano

articolo di Arianna Galli per la rivista culturale cartacea Studi Cattolici, numero 745 di Marzo 2023


Ci sono certi libri di poesia che toccano la vita con le mani, fino a farla respirare, ridere, correre, danzare per le pagine e infine affrescarla sui nostri occhi. Questo è il caso di Il sole in una mano, silloge di esordio di Luca Vincenzo Simbari, che ci trascina in un universo simbolico che rappresenta i dettagli variegati dell’esistenza, del mondo inteso come spazio tra città e natura e come tempo a metà tra la nascita e la morte, l’inverno e la primavera.


Attraverso una scrittura che dipinge come Tiziano, senza tracciare contorni pesanti, ma creando le immagini con colori ricchi di significato e materia, l’autore ci accompagna in un tessuto poetico in cui il tema dell’amore si intreccia a quello dell’assenza, in cui i fiori sbocciano per poi morire ghiacciati.


Si è cristallizzato il tempo, come se la morte non avesse preteso la vita. La casa è rimasta intatta, come l’abito immacolato di una sposa. Non una sedia fuori posto, non una cornice posta di lato, persino il calendario è fermo ridotto in brandelli, il suo battito è simile a quello di un animale in agonia

È questa realtà che innesca una riflessione intima sull’esistenza umana, che ricorda probabilmente l’ode I,IX di Orazio, in cui a partire della descrizione del monte Soratte, innevato e calvo con gli alberi curvi come le schiene degli anziani per il peso della neve, l’io poetico invita il giovane Taliarco a gustare pienamente la sua età verde, il fuoco della vita prima che si spenga, a non sprecare neanche una giornata, a ballare finché la musica suona la gioia dell’amore, nei suoi giochi e nella sua verità profonda.


L’uomo viene così rappresentato nella sua danza e lotta tra la bellezza della vita e l’orrore della crudeltà umana e dalla morte, esemplificate dalla città di Sarajevo, in cui ancora si respira l’odore dei morti e la presenza passata della guerra nelle case imperlate dai segni dei proiettili e del silenzio.


È in questo modo che la raccolta si snoda come uno sguardo di meraviglia verso il Creato e il suo spettacolo di albe e tramonti, in cui esiste però la consapevolezza dei limiti dell’essere umano, che invece di imporsi sulla natura creata da Dio, dovrebbe coglierla con la gioia nel cuore, comprendendo che non si può donare il sole in una mano, ma solo percepire e portare dentro di sé la sua luce con la fragilità, ma capacità di creare un intreccio di colori di un prisma di vetro.


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sc marzo 2023 n 745
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